Identità Perduta

Il Sunshine Hotel si affacciava con imponenza all’incrocio tra la 56esima e la 57ettesima strada di Seattle, grande metropoli del Nord America. L’albergo, ristrutturato completamente un anno prima, ora si presentava in tutta la sua classe d’altri tempi. Pur non essendo molto grande, il Sunshine Hotel era sinonimo di classe. Tutte le persone più importanti dello Stato, quando si trovavano in città, preferivano pernottare in questo magnifico albergo.

Oltre ad essere rinomato per l’ottima costruzione e posizione, il Sun, così chiamato, era riconosciuto anche per l’ottimo servizio. I fattorini, i camerieri del ristorante e tutti i responsabili, erano obbligati a seguire dei corsi di aggiornamento professionale ogni anno per essere sempre al top della categoria.

Ovviamente per entrare a far parte della squadra bisognava superare un concorso molto duro.
In sessant’anni di storia mai nessun incidente si era consumato in questo albergo, mai nessuno strano avvenimento era accaduto. La storia del Sunshine Hotel era completamente immacolata.
Purtroppo, come tutti sanno, le cose possono cambiare da un momento all’altro.



Una tranquilla mattinata come tante altre, il proprietario del Sunshine Hotel, Billy Fordman, si recò, come faceva ogni giorno da ben vent'anni, al suo Hotel per aprire al pubblico. L’albergo apriva alle sei del mattino e chiudeva alle ventitrè. Tutto faceva supporre che quella giornata sarebbe stata come tante altre. Nessuno poteva immaginare l’orrendo e macabro crimine che stava per essere commesso proprio in quel magnifico hotel.

«Buongiorno Sarah» esordì Billy rivolto alla segretaria già pronta dietro al bancone. «Un’altra splendida giornata di lavoro.»
«Certamente signor Fordman» rispose lei sorridente.
«Sa per caso dov’è Jimmy?» chiese Fordam mentre si preparava una tazza di caffè.
«Veramente questa mattina ancora non l’ho visto, signore» rispose Sarah rammaricata.
«Oh non fa nulla cara» disse lui in tono consolatorio. «Sono sicuro che si stia preparando per venire a lavoro.

«Ok, signor Posner» disse sussurrando un uomo di mezza età rivolto ad un giovane ragazzo in quello che sembrava essere uno scantinato. «Credo che il signor Sonner possa accettare la sua offerta» continuò. «Si ricordi che le sta facendo un enorme favore.»
«Lo so» disse il giovane guardandosi intorno. «E per questo lo ringrazio molto. Ora però devo andare, o si insospettiranno. Sono sempre puntuale a lavoro.»
«Perfetto» disse l’uomo incamminandosi verso una porticina. «Le faccio i miei più sentiti auguri. Buona fortuna!»
E sparì dietro la porta.
“Bene” pensò il ragazzo mentre indossava un abito da fattorino “Il lavoro può cominciare!”

«Eccoti Jimmy!» esclamò il signor Fordman appena vide il suo primo fattorino uscire dalla porta che conduce nel ripostiglio dei dipendenti. «Cominciavo a preoccuparmi. Tutto a posto? Sei pronto per cominciare?»
«Certamente» rispose lui sorridente. «Sono sempre pronto, per il bene del Sunshine Hotel.»
«Bravo ragazzo» disse Billy dando una pacca sulla spalla al giovane. «Continua così e farai strada.»
Ammiccò al ragazzo e se ne andò nel suo ufficio.

«Jimmy!» esclamò Sarah dal bancone. «Cortesemente accompagna i signori alla camera 202» disse indicando un signore sulla cinquantina con una donna al suo fianco e le loro due valigie posate per terra.
«Certo» rispose lui avvicinandosi e prendendo i bagagli. «Vogliate seguirmi, prego.»
Mentre si incamminava verso l’ascensore il ragazzo pensava a quanto fosse stato fortunato quella mattina. I primi clienti erano perfetti per il suo scopo. Se tutto fosse andato come previsto, gli sarebbero serviti solo altri tre cadaveri per estinguere il suo macabro debito.



Seattle. Un mese prima.

«Ehi Jimmy!» esclamò una ragazza sulla ventina. «Andiamo da Jason. Ti vuole parlare.»
«Ok Jenny» disse tranquillo il ragazzo.
«Credo voglia qualcosa da te.»
«Nessun problema» disse lui mentre entravano in una casa che da fuori sembrava essere abbandonata. «Sono pronto a dargli tutto quello che vuole, dopo il favore che mi ha fatto.»
«Meglio così» disse la ragazza. «Perché come sai lui può ottenere tutto quello che vuole.»

I due entrarono in una stanza e videro un giovane uomo con i capelli neri seduto su una poltrona intento a leggere il giornale di quella mattina.

«Eccomi» disse Jimmy sicuro di sé. «Sono qui per darti quello che vuoi.»
«Bene» disse lui distogliendo lo sguardo dal giornale. «È molto meglio quando si fanno le cose di propria spontanea volontà, non credi?» chiese rivolto ai due ragazzi.
«Sì» affermò Jimmy.
«Ci dovrebbero essere più ragazzi come te in giro» disse l’uomo alzandosi dalla poltrona. «Questo mi risparmierebbe molta fatica. Come sai io non voglio far del male a nessuno. Io do qualcosa a voi, e voi date qualcosa a me. Non è così?»
«Sono d’accordo» rispose Jimmy. «Ecco perché sono qui. Cosa vuoi che faccia?»
«Allora» sussurrò l’uomo avvicinandosi ai due. «Una cosa semplicissima. Mi servono degli organi; organi umani. Ho degli affari in sospeso con un tizio spagnolo. Se non gli darò quello che vuole mi rivolterà contro tutti i ‘chicos’ di Spain Street. E quella non è gente a cui piace parlare. Sanno fare solo una cosa: dare fuoco a tutto quello che è combustibile. E tu non vuoi che questo accada, vero?» disse sussurrando all’orecchio del ragazzo.
«No. Dimmi dove e come.»

Le porte dell’ascensore si aprirono e Jimmy uscì con le tre valigie della coppia.

«Da questa parte» disse. «La vostra camera e in fondo al corridoio.»
«Grazie» disse la donna. «Lei è davvero gentile lo sa?»
«Dovere, signora, dovere» rispose lui allegro.
«Eccoci, accomodatevi pure» disse aprendo la porta. «Buona permanenza al Sunshine Hotel.»
«Grazie giovanotto» disse l’uomo. «Vieni qui, ti sei meritato una bella mancia.»
Jimmy entrò, chiuse la porta, e si avvicinò lentamente all’uomo intento a prendere degli spiccioli dal portafogli.
«Tieni» disse porgendogli quattro dollari in monete.
«Grazie» disse il ragazzo sogghignando. «Ma purtroppo devo prendere anche delle altre cose.»
«Come?» chiese l’uomo. «Non capisco.»
«Oh, non si preoccupi» farò in fretta.
In quell’istante estrasse una barra d’acciaio da sotto la giacca e colpì violentemente l’uomo alla testa.
Il corpo cadde a terra e Jimmy lo colpì altre volte.
L’uomo ora giaceva in un’enorme pozza di sangue con il cranio completamente distrutto.
«Cosa succede?» urlò la donna mentre usciva dal bagno. «Ma… ma cosa hai fatto?» chiese in lacrime vedendo il corpo del marito e il giovane fattorino con la barra insanguinata.
«Stia tranquilla» disse il ragazzo correndo verso la donna. «Ora raggiungerà suo marito.»
E prima che la donna potesse accorgersene, Jimmy colpì anche lei alla testa con la barra d’acciaio.
Una lacrima scivolò sulla guancia del ragazzo.

Dopo aver trascinato i cadaveri in bagno, il ragazzo pulì la stanza e rimise tutto in perfetto ordine.
Entrò di nuovo nel bagno ed iniziò a smembrare i corpi dei due signori con degli attrezzi presi da una valigetta. Estrasse i vari organi e li adagiò in un recipiente apposito che prese da una delle valigie che aveva portato su, nella quale Jimmy teneva a portata di mano gli attrezzi necessari al suo ‘secondo lavoro’. Le varie parti del corpo invece le adagiò in una borsa che si trovava gia nel bagno, per poi portarla fuori e disfarsene in qualche modo.

“Bene” pensò soddisfatto “Meno due.”



Seattle. Due mesi prima.

Jimmy e la ragazza di nome Jenny camminavano a passo svelto per Living Boulevard, diretti chissà dove.

«Jimmy» disse lei. «Vuoi spiegarmi cosa diavolo succede? Che favore ti ha fatto Jason? Ora che farai?»
«Farò quello che mi ha chiesto di fare. Glielo devo» rispose fermo lui.
«Ora dove stai andando?» chiese nervosa.
«A prendere la merce» disse Jimmy guardandola negli occhi. «Devo farlo Jenny. Lui ha fatto una cosa molto importante per me.»
«Perché non vuoi dirmelo?» chiese lei che iniziava a preoccuparsi.
«Perché…» esitò lui «perché me ne vergogno.» concluse.
I due si guardarono.
«Ci vediamo più tardi» disse lui dandole un bacio sulla guancia. «Stammi bene.»
E si incamminò verso l’incrocio tra la 56esima e la 57ettesima strada, dove sorgeva un bellissimo albergo in stile antico. Un cartello fuori diceva: “Aperte le iscrizioni per il concorso da fattorino.”

«Jimmy tutto a posto con i signori di prima?» chiese Sarah vedendo arrivare il giovane ragazzo.
«Certo» rispose lui. «Hanno gradito molto la 202.»
«Bene» disse lei allegra.
«Ora faccio una pausa. A dopo» disse Jimmy, e si voltò verso l’uscita.

Il ragazzo assaporò un po’ d’aria fresca mentre si accendeva una sigaretta e se la portava alla bocca. Si domandò se quello che stesse facendo fosse giusto. Se fosse il giusto prezzo da pagare. Ma ogni volta che ripensava a quello che Jason aveva fatto per lui, donandogli la cosa più importante che una persona potesse avere, si convinceva che doveva farlo. Altri tre omicidi e tutta questa storia sarebbe finita. Spense la sigaretta e rientrò, sperando che il prossimo omicidio gli facesse venire meno sensi di colpa.



Seattle. Tre mesi prima.

Jimmy Poster, un giovane ragazzo biondo di bell’aspetto della periferia di New York, camminava allegro per la strada pensando a quello che stava per fare. Aveva impiegato un po’ per decidersi a farlo, ma finalmente si era convinto: aveva deciso di ottenere quello che più desiderava, con qualsiasi mezzo. A tutti i costi.

Il suo amico Kenny, giovane autista di Scuola-Bus, gli aveva spiegato come fare. Non sapeva come Kenny conoscesse una procedura del genere, ma non gli importava minimamente. Avrebbe fatto di tutto per ottenere quello che voleva.

Giunto nel Bronx, quartiere a nord della Grane Mela, seguì le indicazioni che il suo amico gli aveva dato poco prima: “Vai al Bronx. Appena arrivato in Lesson Street, gira a destra davanti al MailTown, poi vai sempre dritto fino al negozio di Sonny il bello, e a quel punto entra nel vicolo cieco sulla sinistra. In fondo al vicolo, dirigiti verso il terzo bidone da sinistra. Metti lì dentro il foglietto e pronuncia la formula."

Seguite le indicazioni, arrivato davanti al bidone vi inserì un piccolo foglietto di carta con sopra appuntate un paio di frasi. Dopo averlo fatto, chiuse il bidone e disse sussurrando guardandosi in giro temendo di essere visto: «Ti cedo ciò che di più prezioso ho, in cambio del mio desiderio più profondo. Ti dono me stesso per ottenere la cosa che più desidero al mondo. Rinuncio a tutto me stesso pur di ottenerlo. Oh Immenso, accetta la mia offerta e donami… una Viper V10 da 250 CV color rosso sangue!» concluse in tono solenne con gli occhi lucidi.
Dopo aver fatto ciò, realizzò che il suo amico Kenny non gli aveva detto in che modo avrebbe ottenuto la sua richiesta, così decise di recarsi da lui. Appena uscito dal vicolo cieco però, la vista di una splendida fuoriserie rosso fuoco parcheggiata lì dove prima aveva visto un vecchio furgone, catturò la sua attenzione.

“Grazie” pensò.
Si diresse verso l’auto e appena giunto davanti alla portiera si mise una mano in tasca. Una chiave era magicamente apparsa nella tasca destra dei suoi pantaloni. La prese, aprì la portiera ed entrò.

Il ragazzo di nome Jimmy sfrecciò a tutta velocità con la sua nuova auto sportiva per la strada malfamata del Bronx convinto di aver fatto un affare, offrendo la cosa più cara in suo possesso in cambio di un’automobile che non avrebbe mai potuto permettersi. Sicuro che sarebbe stato felice per sempre e non avrebbe mai voluto riavere la sua offerta indietro.

Di lì a poco, si sarebbe reso conto a quanto, quella mattina, avesse rinunciato.



«Jimmy» disse Sarah rivolto al ragazzo dall’altra parte della hall. «Vieni, grazie.»
Altri clienti erano pronti per salire nella loro camera. Questa volta, però, si trattava di una giovane coppia di sposini in luna di miele. Avranno avuto massimo venticinque anni.
Jimmy si sentì male all’idea di dover strappare alla vita due persone così giovani, ma doveva farlo. Doveva pagare il suo debito, altrimenti la cosa che aveva riottenuto grazie a Jason, gli sarebbe stata portata via per sempre. E questo lui non poteva permetterlo. Anche a costo di giovani vite umane.
Usciti dall’ascensore, Jimmy prese le loro valigie, tra le quali nascondeva la piccola valigia che portava con sé per adempiere al suo macabro fine.

«Prego» disse sorridente ai due mentre apriva la porta della camera numero 208. «Accomodatevi pure.»
I due entrarono, seguiti da Jimmy che si chiuse la porta alle spalle.

Seattle. Tre mesi prima.

Jimmy sfrecciava ormai da giorni con la sua splendida fuoriserie, convinto di non desiderare più nulla dalla vita. Aveva tutto quello di cui aveva bisogno.
Stava percorrendo Shenny Street, quando una leggera pioggia iniziò a cadere sulla strada, bagnando leggermente l’asfalto. Poco a poco, l’intensità della pioggia aumentò, trasformandosi in un vero e proprio acquazzone.
Jimmy, senza badarci, continuò a spingere sull’acceleratore, sicuro dell’affidabilità della sua Viper e dei suoi riflessi.

Tutto accade in una manciata di secondi: imboccata una curva a destra del grande stradone che stava percorrendo a tutta velocità, le ruote posteriori dell’auto slittarono sulla sottile linea d’acqua che separava i pneumatici dall’asfalto. Un istante dopo, il posteriore dell’auto scattò verso sinistra portando Jimmy in un testacoda, impossibile da controllare. L’auto schizzò via fuori strada, sfiorando un’altra automobile, e battendo violentemente contro un albero poco fuori dalla carreggiata.
Quello che rimaneva della splendida fuoriserie era quasi irriconoscibile. L’auto aveva battuto frontalmente contro l’albero, richiudendosi come una lattina schiacciata. Il vano motore era ormai inesistente, con un fumo nero che usciva da quel che rimaneva del lungo cofano. L’abitacolo, invece, era quasi intatto. Aveva attutito parte del brutale colpo, salvando la vita del giovane ragazzo.
Il cuore batteva forte nel petto di Jimmy, che dopo aver ripreso conoscenza si guardò le mani insanguinate. Fu in quel preciso istante che realizzò: era stato miracolato. Proprio in quel preciso momento, capì quanto fosse importante il dono che aveva fatto in cambio dell’auto, convincendosi che quello che aveva appena subito fosse una ‘prova’ messa in atto dal suo destino.

Ancora stordito, si liberò dalla cintura di sicurezza e si buttò fuori dall’abitacolo. In ginocchio, sotto la pioggia battente, alzò lo sguardo verso il cielo ed urlò: «Ho capito! Mi riprenderò la mia anima a qualunque costo. Grazie Signore!»

Jimmy Poster ora sapeva quello che doveva fare. Riottenere la sua anima venduta al Diavolo in cambio della fuoriserie, pur sapendo che Lui non gliela avrebbe ridata per nessun motivo. Si recò quindi dal solo che era in grado di aiutarlo: Jason Sonner.

Quando il suo amico Kenny gli spiegò come vendere l’anima per ottenere un qualsiasi bene materiale, gli disse anche di un tale, Jason, il tizio che faceva il lavoro ‘sporco’ per il Diavolo sulla terra. Una specie di schiavo del Signore Oscuro, lasciato sulla terra per adempiere ai suoi affari. Jason recuperava le anime vendute e le riconsegnava ai clienti pentiti, ovviamente dietro un cospicuo compenso, in genere qualcosa di cui aveva bisogno per adempiere ai suoi loschi traffici.

«È ora di riavere quello che ho perso» disse Jimmy mentre si recava alla casa abbandonata dove viveva Jason. «A qualunque costo.»



Uno. Un solo cadavere da cui estrarre gli organi vitali, e sarebbe stato finalmente libero. La gioia si iniziò ad impossessare di Jimmy, contento da un lato in quanto il suo ‘lavoro’ stava per terminare, ma dispiaciuto dall'altro, ripensando a tutte le persone che aveva sacrificato per la sua causa.

Rientrato nella hall intravide un giovane signore al bancone intento a parlare con Sarah. Vide la segretaria passargli una chiave e pronunciare un paio di parole. Pronto per recarsi a prendere le valigie, si bloccò. Vide che Sarah aveva chiamato al servizio un altro fattorino. Jimmy non sapeva perché, ma un senso di odio prese forma dentro di lui nei confronti del suo collega, che intanto aveva già preso le valige del cliente e si dirigeva con quest’ultimo verso l’ascensore. Non conosceva neanche quel ragazzo, ma adesso lo odiava più di qualsiasi cosa al mondo, forse perché aveva interrotto la meravigliosa sensazione che aveva provato dopo aver visto il signore al bancone della hall. Una sensazione di pace, convinto che tutto stava per finire, e che quell'insulso collega aveva spezzato.

Jimmy avrebbe potuto benissimo aspettare il prossimo cliene dell'albergo, ma non sapendo perché si comportasse così, si convinse che gli ultimi organi doveva prelevarli proprio dal quel preciso fattorino.
Si fiondò di corsa nell’altro ascensore e salì al terzo piano, sicuro che la stanza che avessero assegnato al signore era nell’ordine delle duecento.
Uscito dall’ascensore si guardò intorno. In fondo al corridoio vide una porta socchiudersi. Era il fattorino che era entrato aspettando di ricevere la mancia. Infatti, dopo pochi istanti, vide il suo collega in uniforme fare capolino dalla porta, chiudendosela alle spalle.
Jimmy si diresse a passo svelto verso di lui, prima che potesse prendere l’ascensore che lo riportava nella hall.

«Mike!» esclamò stupito di ricordarsi il suo nome. «Aspetta! Devo parlarti di una cosa molto importante!»
Il fattorino, che era già entrato nell’ascensore, premette il pulsante di stop della porta, vedendo Jimmy correre verso di lui.

«Dimmi Jimmy» disse rivolto al ragazzo che ormai l’aveva raggiunto. «Posso esserti utile?»
«In realtà si» disse lui inventandosi la prima cosa che gli passò in mente. «Vieni un momento con me giù nello scantinato? Ho bisogno di una mano per una faccenda.»
«Certo» rispose lui cordiale. «Andiamo.»

I due si diressero verso lo scantinato. Appena giunti alla porticina che dava sulla piccola rampa di scale, Jimmy si fermò di scatto facendo avanzare di due passi Mike, in modo da trovarsi dietro di lui pronto per colpirlo. Estrasse velocemente una chiave inglese e lo colpì sulla nuca, facendolo capitolare giù per le scale.
Dopo aver dato una rapida occhiata in giro per assicurarsi che non lo avesse visto nessuno, chiuse la porta e scese le scale.
Giunto in fondo ai gradini, scorse nella semioscurità il corpo incosciente del suo collega. Prese una lunga barra di ferro dalla parete e lo colpì ripetutamente al volto, uccidendolo. Si sentiva stranamente a suo agio quando compiva quegli omicidi.
Dopo aver estratto gli ultimi organi che gli servivano per estinguere il debito con Jason, smembrò il cadavere del fattorino e lo conservò in una grande busta come aveva fatto con i quattro cadaveri precedenti.

Aveva finalmente compiuto la sua macabra missione.



Uscito dall’albergo con la busta in mano, imboccò una stradina sulla destra del marciapiede, dove in fondo era situato un enorme secchio per l’immondizia. Vi gettò la busta dentro, che andò a coprire i precedenti corpi ancora adagiati sul fondo del secchio.

“Bene” pensò “Finalmente ho finito!”
Jimmy a quel punto si recò alla casa abbandonata dove risiedeva Jason per consegnargli gli ultimi organi che avrebbero estinto il suo debito.

«Eccomi» esordì soddisfatto mentre varcava la porta della stanza in cui si trovava Jason. «Tieni la tua roba.» E appoggiò per terra la borsa termica con gli organi della sua ultima vittima.
«Bravo chico» disse Jason sbircinado dentro la borsa. «Ottimo lavoro. Il tuo debito è estinto. Non mi devi più nulla.»
«Perfetto» disse Jimmy che si stava gia incamminando verso la porta per uscire per sempre da quella casa.
«Aspetta!» esclamò Jason alzandosi. «Toglimi una curiosità: quando hai ucciso queste persone cosa hai provato?»
«Cosa…» disse Jimmy voltandosi. «Non saprei. Dolore credo.»
«Si…» sussurrò Jason avvicinandosi al ragazzo «ma anche un po’ di goduria, non è vero?»
«Perché mi chiedi questo?» chiese Jimmy imbarazzato sapendo che quello che aveva affermato Jason era la verità.
«Non sei curioso di sapere quale anima ti ho dato?» chiese Jason divertito.
«Come?» chiese Jimmy ad occhi spalancati. «Non era la mia anima?»
«No caro» disse Jason eccitato come uno psicopatico. «Non è possibile restituire la propria anima. I ricordi rimangono, ma la tua anima è persa per sempre. Ti ho dato… diciamo… un ‘pezzo di ricambio’.»
«Ma… ma come…» balbettò Jimmy sconvolto. «Che diavolo di anima mi hai dato?» urlò in faccia a Jason.

A quel punto capì le sensazioni che provava mentre uccideva. Fu tutto immediatamente chiaro e il suo cuore iniziò a battere all'impazzata.
«Mi hai dato l’anima di un assassino» sussorrò affranto.
Un ghigno si formò sulla bocca di Jason.
«Sì» sospirò all’orecchio del ragazzo. «E sembra proprio che da oggi avrò un nuovo dipendente.»

«Papà» disse assonnato un bambino rivolto al padre seduto sul suo letto intento a farlo addormentare. «Ma anche tu ti chiami Jimmy! Come quello della storia!»
Il padre, un ragazzo biondo di bell’aspetto, sorrise.

«Sì» disse a bassa voce. «Anche papà si chiama Jimmy. Ti è piaciuta la storia che ti ho raccontato?»
«Sì, molto papà» disse il bambino mentre socchiudeva gli occhi. «Ti voglio bene.»
«Anch’io te ne voglio piccolo» sussurrò lui mentre afferrava un cuscino da una sedia e lo portava lentamente sul volto del figlio. «Anch’io te ne voglio.»