FrankTown era una normalissima cittadina del Missouri, con il suo quartiere residenziale in perfetto stile nord-americano.
Nulla turbava mai la quiete di questa splendida città che sembrava essere l’esempio della cittadina modello. Pochissimi crimini venivano commessi, e la maggior parte delle volte si trattava di semplici furtarelli.
La criminalità era quasi zero a FrankTown.
Tutto scorreva liscio come l’olio, i cittadini si volevano bene e si rispettavano molto. Nessuno avrebbe mai potuto prevedere quello che stava per accadere. Non si sarebbe mai potuto immaginare qualcosa di così macabro e raccapricciante in quella perfetta cittadina del Missuori.
Non un semplice furto. Neanche un normale, seppur terribile, omicidio.
Di lì a poco si sarebbe compiuto uno dei crimini più orrendi che il mondo ricordi, perché tutto è più triste e doloroso quando ci sono di mezzo i bambini.
George e Fray MacNamara si erano appena svegliati. I due fratelli si alzavano sempre insieme, per poi fare colazione ed andare alla FrankTown Middle School.
«Oggi credo ci sarà il compito in classe di matematica» disse Fray rivolto al fratello mentre si vestivano per andare a fare colazione.
«Sì» affermò amareggiato George. «Credo proprio di sì; ed io come al solito non sono preparato.»
I due ragazzini avrebbero avuto ben altre cose su cui preoccuparsi quel giorno, che ancora oggi è ricordato come il Black Monday.
«Uhm... frittelle...» disse entusiasta Fray giunto a tavola. «Una solida base per una buona giornata.»
«Sbrigatevi» disse Jenny, la madre dei due. «Lo Scuola-Bus sarà qui a momenti. E indovinate un po’?»
«Cosa?» chiese George incuriosito con la bocca piena di frittelle.
«Pare che da oggi ci sia un nuovo autista. Ieri l’ho incontrato al supermarket, proprio una brava persona» disse la madre.
«Bene!» esclamò Fray. «Robeus non lo sopportavo più. Puzzava!» E i tre sbottarono a ridere allegramente.
Non sapevano quanto avrebbero rimpianto la puzza del loro vecchio autista.
«Ciao mamma!» esclamarono i due fratelli mentre varcavano la soglia di casa con gli zaini in spalla.
«Ciao ragazzi» rispose la madre dalla cucina. «Fate i bravi!»
Appena usciti di casa videro lo Scuola-Bus fermo davanti al viale, con la porta anteriore aperta in loro attesa.
Un loro compagno si agitava freneticamente dieto il finestrino facendo segno di “no” con la testa.
«Cos’ha Tom? È impazzito?» disse Fray al fratello facendo notare il loro compagno.
I due ragazzi, giunti di fronte all’entrata, squadrarono il loro nuovo autista mentre salivano le scalette.
Era un giovane sulla trentina, con un aspetto vissuto che incuteva soggezione. Portava un cappello dei Detroit Pistons, la squadra di basket, che gli copriva dei lunghi capelli biondo platino; un giubbetto di pelle nera borchiato sopra una t-shirt bianca e numerosi bracciali gli adornavano i polsi.
«Svelti!» sbraitò ai due. «Dobbiamo muoverci, o non arriveremo in tempo!»
I due fratelli si affrettarono a salire e si incamminarono verso gli ultimi posti.
George notò subito che sull’autobus non c’era il solito trambusto provocato dai compagni. Tutti erano al loro posto, immobili come statue e muti come pesci.
«Perché non parla nessuno?» chiese Fray al fratello mentre si sedevano.
«Non saprei, chiediamo a Tom.»
«Tom… Tom» sussurrò Fray rivolto al ragazzino seduto di fronte a loro. «Perché state tutti zitti? È morto qualcuno?» concluse ridacchiando.
«Era… era meglio se non venivate oggi a scuola» disse intimorito il ragazzo senza voltarsi. «È la fine. È la nostra fine.»
Tom si zittì non appena vide gli occhi dell’autista che lo osservarono tramite lo specchietto retrovisore.
«Ma che significa?» chiese George, che iniziava a preoccuparsi.
«Lo scoprirete presto. Non appena l’ultimo ragazzo salirà a bordo» disse sottovoce Tom. «Ora state zitti, o ve ne pentirete.»
«Mah» sospirò Fray. «Io non capisco.»
«Ma certo!» esclamò George. «È uno scherzo, è un…» Si interruppe quando notò qualcosa di molto strano: Gary Shimmerman non era presente sullo Scuola-Bus quel giorno. Il secchione di FrankTown non era venuto a scuola. Fino ad allora non era mai stato assente, era sempre presente, anche da ammalato.
«Fray» disse al fratello. «Hai visto? Gary non c’è.»
«L’ho notato anch’io. È davvero molto strano…»
«Tom» disse George sottovoce. «Dov’è Gary?»
«Non è più tra noi» disse sconsolato. «Ora state zitti, per favore.»
Il pulmino si fermò bruscamente.
Erano arrivati a casa di Sherry Linfern, una delle poche ragazze presenti nella loro classe. La ragazza non era ancora uscita di casa, quindi l’autista spense lo scuola bus e prese a leggere un giornalino nell’attesa.
«Maledizione Tom» disse brusco Fray. «Puoi dirci che diavolo sta succedendo? O Sarai tu a pentirtene.»
«Davvero lo vuoi sapere?» chiese Tom sempre senza voltarsi.
«Sì!» dissero insieme i due fratelli.
«Avete notato il cappello dell’autista? Non vi ricorda nulla?»
«No» disse Fray. «Cosa dovrebbe ricorda…»
Si interruppe da solo quando un pensiero contorto si formò nella sua giovane mente: pensò a Gary Shimmerman, il secchione misteriosamente assente quel giorno. Pensò a lui, e alla sua grande passione per il basket, e in particolar modo per i Detroit Pistons. L’unica cosa che Gary guardava, oltre ai libri scolastici, erano le partite dei Pistons. Aveva tutto su di loro, dalla coperta del letto fino a capi di vestiario come sciarpe, magliette e... cappelli.
«Ha rubato il cappello a Gary?» chiese George, anche lui notando il copricapo sulla testa dell’autista. «È per questo che state tutti zitti? Perché l’autista è un ladro?»
«Bè in un certo senso…» disse abbattuto Tom, «…si, ha rubato il cappello a Gary.»
«Maledetto bastardo, non mi era piaciuto fin dall’inizio!» esclamò arrabbiato Fray. «E ora dov’è Gary? Alla polizia per denunciare il furto?»
«Non potrà mai denunciarlo.» ribatté Tom.
Il ragazzo si voltò per la prima volta e si rivolse ai due fratelli con il viso contorto dalla paura. «Gary è morto! Lo ha ucciso lui!» disse indicando il posto di guida.
L’autista si accorse che Tom si era voltato; posò il giornale, si alzò dal sedile e si diresse, a passo lento, verso il fondo dello Scuola-Bus.
«Maledizione» disse impaurito Tom. «Sta venendo qui! Sapevo che non dovevo parlarvi!»
«Voi…» sussurrò minaccioso l’autista che aveva ormai raggiunto il gruppetto «…che cosa state farfugliando? Nessuno parla sul mio pulmino!» sbraitò.
«Nulla» mentì Fray, vedendo l’autista innervosirsi in una maniera spaventosa. «Stavamo solo chiacchierando.»
«Bene amico mio» disse sogghignando. «Allora tu sarai il prossimo!»
Si girò di scatto e si incamminò verso il suo posto.
«Il prossimo?» si chiese tra sé e sé Fray tremolante. «Prossimo per cosa?»
La porta dello Scuola-Bus in quell’istante si chiuse. Sherry entrò e si sedette nella prima fila di posti. Il silenzio tornò a bordo del pulmino mentre ripartiva.
«Si parte marmocchi! Inizia lo spettacolo!» esclamò entusiasta l’autista partendo a tutta velocità.
«Ma non doveva voltare a destra per andare a scuola?» chiese George che intanto consolava il tremolante fratello.
«Ma allora non hai ancora capito» disse disperato Tom. «Non stiamo andando a scuola.»
«Ah no?» chiese George cercando di negare l’evidenza a sé stesso. E dove andiamo?»
Tom si girò e squadrò i due ragazzi «Ah già, voi non eravate ancora saliti quando lui ci ha comunicato la nostra destinazione» fece una pausa. «Stiamo andando tutti al macello!» Concluse il ragazzo che ormai aveva perso ogni speranza. «Ci porterà alla discarica per ucciderci e poi…»
«Poi cosa?» chiese Fray disperato.
«Poi farà colazione!» disse Tom con una lacrima che gli scendeva sulla guancia.»
I due fratelli rimasero sconvolti da quelle assurde rivelazioni: il loro nuovo autista era in realtà un cannibale sanguinario mangia-bambini. Non sapevano se dover ridere o piangere.
Tutti i loro compagni avevano perso le speranze. La loro giovane vita sarebbe finita nello stomaco di un folle probabilmente non-umano. I due non avevano mai rimpianto così tanto le lunghe ore di lezione; almeno quando erano a scuola erano vivi!
L’autobus voltò violentemente verso destra. I poveri alunni in balia del giovane cannibale urtarono chi contro i finestrini, chi contro altri compagni. L’autista rideva eccitato, sapendo che l’ora del suo delizioso banchetto si stava avvicinando.
Aveva imboccato Stay Tuned Street. Cinque traverse più giù si trovava l’ingresso della discarica di FrankTown.
«Dobbiamo reagire» disse fiducioso George. «Andiamo lì davanti e picchiamolo. Così questa assurda storia finirà.»
«Ormai è troppo tardi» disse Tom che ormai aveva rinunciato anche a piangere.
«No!» esclamò Fray recuperando la speranza «Non lo è!»
Screek! Il pulmino frenò di colpo.
«Cosa è stato?» chiese Fray guardandosi intorno.
«C’è un uomo in mezzo alla strada!» esclamò Tom che dalla sua posizione riusciva a intravedere davanti allo Scuola-Bus. «Oh mio Dio! È Robeus!»
«Cosa?» chiesero in coro i due. «Forse è venuto a salvarci!»
«Levati di mezzo vecchiaccio!» urlò l’autista rivolto all’uomo che gli sbarrava la strada verso la sua nutriente colazione. «Oppure ti investo!»
Era morbosamente eccitato: sudava e rideva come un pazzo furioso, mentre batteva violentemente le mani sul volante.
«Ho fatto bene a seguirti Kenny!» esclamò Robeus che non si mosse dalla sua posizione.
Conosceva l’autista, si chiamava Kenny.
«Ok, l’hai voluto tu!» urlò il giovane. Allentò il freno a mano e schizzò via, investendo in pieno il povero Robeus.
«No!» urlò Fray. «Maledetto bastardo! La pagherai!»
Fray si alzò di scatto e si fiondò verso l’autista, lo afferrò con tutta la forza che aveva e lo costrinse a sterzare. Fuori controllo, il pulmino sbatté contro un albero fuori dalla carreggiata.
«Bene, bene!» disse eccitato alzandosi e squadrando il coraggioso ragazzino.
Continuava a sudare, si tolse il giubbetto e lo gettò a terra.
«Pare che dovrò mangiare prima del previsto! Ah-ah-ah-ah!» ringhiò.
Rise come un forsennato mentre si avvicinava al povero ragazzo.
«Ti avevo promesso che saresti stato il prossimo. Spero non ti offenderai se inizio da questa splendida bambina!» esclamò. Con un gesto fulmineo afferrò Sherry per la gola, e dopo aver aperto a dismisura la bocca, la ingoiò in un sol boccone.
«Uhm…» disse soddisfatto. «Davvero deliziosa!»
Tutti i ragazzi, dopo aver visto la raccapricciante scena, si rifugiarono negli ultimi posti completamente terrorizzati.
«Cosa… cosa hai fatto maledetto!» urlò disperato Fray che non temeva Kenny. «Ti ammazzo!»
Il ragazzino si portò di scatto verso l’autista cannibale e tutti urlarono impauriti.
Purtroppo però un tredicenne non poteva nulla contro la forza bruta di un trentenne assassino. Kenny lo afferrò per le braccia immobilizzandolo, lo squadrò e disse: «Sei molto coraggioso! Mi farà comodo un po’ di coraggio!»
«Nooo!» urlò George mentre correva verso il fratello.
Un attimo dopo, il ragazzo era sparito tra le fauci di Kenny.
«Bene» disse. «Ora manca il dessert!»
Tutti rimasero a bocca aperta, sconvolti dopo aver visto morire due loro compagni.
George si disperò. Aveva perso suo fratello per mano di un autista pazzoide. Non glielo avrebbe mai perdonato. Anche a costo della sua vita.
In quel preciso istante pensò a quello che aveva detto Kenny un attimo prima di divorare Fray: "Mi farà comodo un po’ di coraggio."
“Ma certo” pensò. “Kenny assorbe il carattere della sua vittima! Ecco perché porta il cappello dei Pistons: dopo aver mangiato Gary è diventato un fan della squadra. Ora è anche più coraggioso grazie a Fray… aspetta un momento! Se le cose positive appartenenti alle sue vittime possono giovargli accrescendo il suo potere, le cose negative, cioè quello che odiano di più, possono indebolirlo!”
George aveva appena trovato il modo per uccidere quel mostro. Sapeva cosa doveva fare, perché nessuno meglio di lui conosceva la cosa che odiava e impauriva di più il suo amato fratello.
«Ragazzi!» urlò senza voltarsi continuando a squadrare Kenny. «Ho bisogno di voi per sconfiggerlo! Al mio tre voglio che tutti voi vi abbassiate i pantaloni!»
Kenny intanto osservava divertito l’assurdo piano del ragazzino.
«Uno…» disse mentre gli altri si preparavano «Due… Kenny sei fregato!»
L’autista rideva, convinto che di lì a poco avrebbe concluso lo spuntino.
«Tre!» urlò George con tutta la forza che aveva in gola.
In quel momento tutti i ragazzi presenti sullo Scuola-Bus si abbassarono i pantaloni, compreso George.
Alla loro vista Kenny cominciò a contorcersi. Non sapeva perché stava reagendo così, ma non poteva fermarsi. Il cervello gli pulsava come un treno in corsa nella testa. Il cuore pompava all’impazzata.
«Nooooooooo!» urlò mentre si accasciava a terra disgustato. In quel momento la sua testa esplose accompagnata da un suono secco, cospargendo tutto lo Scuola-Bus con sangue e pezzi di cervello. Il corpo decapitato senza vita dell’autista cannibale cadde a peso morto di fronte a George con un fragoroso Tonf!
«Brutto bastardo!» urlò fiero di sé, diretto al cadavere disteso proprio di fronte a lui. «La più grande paura di mio fratello era trovarsi da un momento all’altro in mutande davanti ai suoi amici! E questo ti ha sconfitto! Hai fatto la fine che meritavi.»
Tornando a casa George pianse ricordando suo fratello, che si era sacrificato per salvare tutti i ragazzi della sua classe. Grazie alla sua debolezza però, era riuscito ad impedire un vero e proprio massacro, per mano di Kenny, uccidendolo per sempre.
Era quasi giunto a casa quando intravide un uomo disteso per terra in mezza alla strada.
«Robeus!» esclamò correndo verso l’anziano signore, riconoscendo il vecchio autusta.
«Ge… George» farfugliò l’uomo mentre si alzava a fatica. «Cosa è successo?»
«Abbiamo vinto!» disse felice. «Abbiamo ucciso Kenny! Ma purtroppo abbiamo perso due ragazzi» concluse rammaricato, abbassando lo sguardo.
«Cosa?» disse sorpreso l’uomo. «Avete ucciso mio figlio?» urlò disperato.
A quella rivelazione George reagì impassibile. Non riuscì a pronunciare una sola parola.
«Ma come… » balbettò tremolante «suo figlio? Ma se un quarto d’ora fa l’ha investita con lo Scuola-Bus!»
«Lo so… il mio ragazzo» disse fiero, mentre si rialzava lentamente. «L’ha fatto perché aveva troppa fame. Lo capisco.»
«Cioè?» chiese George allontanandosi pian piano dal vecchio autista.
«Io volevo semplicemente mangiare con lui, ma voleva tutto il pulmino per sé. Comunque, pare che il problema si sia risolto. Sei bello in carne George lo sai?» disse con sguardo minaccioso.
Si avvicinò al ragazzo che non aveva neanche la forza di scappare e lo afferrò per le esili braccia.
«Tom, figliolo…» disse rivolto al ragazzino che era comparso dal nulla, ancora con i pantaloni calati «...mangi con me?»