Il mare.
L’espressione della natura in tutta la sua bellezza. Ma anche in tutta la sua crudeltà. Un ragazzo entra in acqua convinto di farsi un bel bagno rilassante, dopo un duro anno di studio. Nuota, allontanandosi dalla riva. Si rilassa. Felice.
L’acqua lo rinfresca in quella calda giornata estiva. Ad un tratto qualcosa però lo trascina giù, nel profondo dell’oceano. Senza rendersi conto di cosa stia succedendo, si dimena, cercando di liberarsi da quella presa mortale, che lo trascina sempre più giù.
Apre le palpebre, e non crede a quello che vede davanti a sé.
“È solo un brutto sogno”, pensa, il cuore che batte a mille. “È solo un brutto sogno” ripete a sé stesso.
Purtroppo per il ragazzo, è la triste e macabra verità.
Una macchia di sangue riaffiora sulla cresta del mare, a circa un chilometro dalla riva, macchiando quel blu splendente, sotto i raggi di un caldo sole d’estate.
Pretty Beach era una graziosa località di mare appena fuori dalla Orange County, nella California del Nord.
Molte famiglie, specialmente nei week-end, vi si recavano per gustarsi due giorni di mare e tranquillità, lontani dal caos delle grandi metropoli e dallo stress del lavoro.
La famiglia Reddity, originaria di Pasadina, nella bassa Los Angeles, era entusiasta del fatto che a breve si sarebbero potuti godere un po di sano relax, ed evadere dagli obblighi e dalla routine della vita in città.
Frank, il capo famiglia, era un uomo sulla quarantina, programmatore software per una nota azienda della Silicon Valley, che aveva sposato Jenny, appena i due compirono diciotto anni, alla fine del liceo. Erano stati rispettivamente re e reginetta del ballo di fine anno, ed avevano scoperto di amarsi proprio in quel periodo, fine anni sessanta, in piena Guerra Del Vietnam.
Qualche anno dopo era nato Cappy, il loro primo figlio. Jenny rimase molto delusa dalla nascita del ragazzo, in quanto sperava con tutto il cuore di avere una bambina.
Nei primi anni di vita se ne fece una colpa, cadendo nella dipendenza da alcool, dalla quale però, grazie all’aiuto di Frank, riuscì ad uscire.
Dopo un duro anno di lavoro, Frank era riuscito finalmente ad organizzare una settimana a Pretty Beach, affittando una casetta proprio in riva al mare.
La condizione economica della famiglia non era certo delle migliori, soprattutto a causa della grave crisi economica mondiale, ciò nonostante erano riusciti a mettere da parte qualche risparmio, ed erano stati tutti d’accordo a spenderli per una bella vacanza al mare.
Preparato il tutto, con le solite due valigie dedicate ai soli vestiti di Jenny, la famiglia Reddity partì alla volta di Pretty Beach, convinta che sarebbe stata una gran avventura da raccontare a vicini e parenti.
Effettivamente sarebbe stato così, ma con una lieve differenza: la loro storia sarebbe stata sì raccontata ai posteri, ma tramite le macabre pagine di un giornale locale di cronaca nera.
Arrivati a destinazione, Frank notò un’enorme villa in fondo alla costa, e pensò che quel posto fosse abitato da gente benestante, cosa che lo gratificò non poco per esserselo potuto permettere.
Dopo aver disfatto tutte le valige e sistemato tutto, Cappy era impaziente di tuffarsi in mare.
Qualcosa di strano però fu notato da Frank appena scesi dall’auto, nel vialetto che conduceva alla graziosa villetta che aveva affittato.
«Non dovrebbe esserci più gente, amore?» chiese alla moglie mentre scaricava i bagagli dall’auto, dandosi un’occhiata in giro.
«Hai ragione, è strano» rispose lei. «Mi sarei aspettata più persone, siamo a luglio diamine!» esclamò.
Sistemato il tutto, finalmente l’allegra famiglia era pronta a gustarsi la prima giornata di mare.
Cappy era felice. Non poteva immaginare, anche perché ancora molto piccolo, quanto le sarebbe costata quella sfrenata voglia di mare.
Scesi in spiaggia, ancora una volta Frank notò che quasi nessuno, sebbene ci fosse una bella giornata, era nei paraggi, incorniciando un fantastico panorama e lasciando una sterminata spiaggia dorata al completo servizio della sua famiglia.
Straniti, i tre si sistemarono all’ombra di un ombrellone.
Cappy iniziò sin da subito a giocare con la sabbia, mentre i due genitori si riposavano.
Poco dopo, Frank decise di andare a fare un passeggiata, mentre la moglie e il figlio si rinfrescavano in acqua, nel loro primo bagno dell’anno, in un mare incredibilmente piatto.
Dopo una mezz’ora di camminata sulla riva, Frank scrutò in lontananza un uomo e un ragazzo, probabilmente il figlio, scendere da una piccola imbarcazione con delle buste in mano. Probabilmente pescatori locali appena tornati da una battuta di pesca.
Decise quindi di parlare con loro, così da chiedere come mai ancora nessuno si fosse riversato in quella splendida località con quel clima meraviglioso.
«Salve ragazzi» esordì Frank indirizzandosi verso i due. «Come va?» chiese amichevolmente.
L’uomo squadrò il nuovo arrivato, rivolgendogli uno sguardo scocciato.
«Salve» disse sforzandosi come chissà cosa stessa facendo. «Ora ci lasci lavorare per favore» rispose freddo.
«Mi scusi» disse Frank imbarazzato, «non volevo disturbarla.»
«Scusi lei» intervenne il ragazzo. «Mio padre è stanco e non ha molta voglia di parlare.»
«Va bene» rispose Frank, «non intendevo disturbare. Volevo solo chiedervi una cosa...» disse notando che l’uomo che stava scaricando le buste dalla barca aveva due dita in meno alla mano destra.
«Ci dica pure» disse cordialmente il ragazzo mentre il padre continuava a scaricare grandi buste nere dalla barchetta.
«Si... cioè... volevo sapere come mai ancora nessuno sia venuto qui... insomma è una splendida località, non capisco perché sia così poco frequentata. Me ne avevano parlato benissimo.»
«Bé» rispose paco il ragazzo avvicinandosi a Frank, lasciando una busta cadere sulla sabbia, «vede, il fatto è che da un po’ di tempo a questa parte, questo non è il posto più raccomandabile per trascorrerci delle vacanze... soprattutto le famiglie di città.»
Frank rimase stranito da quella affermazione. Non riusciva a capire a cosa il ragazzo si stesse riferendo.
«Bé, grazie comunque dell’informazione» disse tagliando corto, avendo capito che i due non avevano tanta voglia di parlare. «Ci si vede in giro» disse salutando con la mano e allontanandosi.
«Si, ci si vede in giro» rispose il ragazzo con una faccia sconsolata» spero sia davvero così» concluse dirigendosi di nuovo verso la barca con la grande busta in mano.
«Avranno pescato un sacco di roba» disse tra sé e sé Frank ritornando sui suoi passi verso la famiglia. «Gente strana quella di quì.» E si incamminò di nuovo bagnando i piedi nella fresca acqua dell’oceano.
Frank aveva ragione, i due avevano pescato un sacco di roba quella mattina. Quello che non poteva immaginare era cosa avevano pescato.
Il giorno seguente, Frank si svegliò di primo mattino, mentre la moglie e il figlio dormivano. Ancora insonnolito, scese in cucina per prepararsi un caffé.
Mentre stava facendo colazione, sentì un urlo secco provenire da fuori, in direzione della spiaggia.
Si buttò addosso una vestaglia in fretta e furia, e si riversò sul giardinetto di fronte casa, per vedere cosa stesse succedendo. Appena uscito, vide un gruppo di ragazzi in riva al mare, chiusi in cerchio, che indicavano qualcosa sulla sabbia e borbottavano.
«Ma che diavolo?» disse Frank mentre si avvicinava. «Questi ragazzi... Cosa è successo? Cosa c’è lì?» chiese rivolto al gruppetto.
«Non lo sappiamo, non sappiamo cosa sia questa roba» rispose uno dei ragazzi, facendo un passo indietro rivelando all’uomo cosa avevano trovato.
«Secondo lei?» chiese.
Frank si avvicinò e notò che i ragazzi erano tutti intorno ad una rete da pesca, ridotta quasi a brandelli, che conteneva qualcosa. «Saranno pesci» ipotizzò alzando la rete e facendo cadere sulla sabbia un’ammasso di roba non meglio definita. «Probabilmente pesci divorati da qualche animale» concluse. «Adesso andate via» disse rivolgendosi a loro con tono autoritario.
I cinque si defilarono ancora scioccati da quello che avevano trovato.
«Ragazzi...» sospirò Frank, ributtando in mare la rete, «si spaventano per qualsiasi cosa» concluse mentre si incamminava di nuovo verso casa.
Appena imboccato il vialetto, due individui, un uomo ed un ragazzo, sbucarono da dietro un albero lì vicino, e si diressero verso la riva con delle buste vuote in mano.
Uno degli ultimi giorni della vacanza sembrò iniziare come tanti altri.
L’epilogo, però, sarebbe stato tristemente diverso.
Cappy conosceva oramai la spiaggia a menadito, avendola percorsa in lungo e in largo. C’era un posto però, nascosto da alcune rocce, in cui non si era mai diretto perché difficile da raggiungere. Si trovava a circa due chilometri dalla villetta in direzione sud. Giunti ad un raggruppamento di scogli, molto vicini alla riva, si intravedevano due file di rocce, come per dividere quel posto dal resto della spiaggia. Cappy aveva raggiunto il posto varie volte, anche da solo, senza mai però decidere di scavalcarle e vedere cosa ci fosse lì dietro. Quel giorno però, si era finalmente deciso. Si sa, i ragazzini sono maledettamente curiosi.
Quella mattina in spiaggia, mentre Frank e Jenny prendevano il sole, Cappy si incamminò da solo verso sud, dichiarando alla madre di voler fare una passeggiata.
«Sta attento, Cappy!» esclamò Jenny mentre il figlio si dirigeva dalla parte opposta.
«Certo mamma» rispose lui. Ed in cuor suo ci credeva davvero.
Dopo circa venti minuti di camminata, giunse finalmente alla fila di rocce, ed iniziò subito a scavalcarle, con molta attenzione, sempre più incuriosito da quello che avrebbe trovato dall’altra parte. Quello che Cappy non notò, non per sua colpa ma per la cattiva segnalazione, era un cartello posto proprio lì vicino, dietro alcuni alberi, che dichiarava: “Attenzione. Area di spiaggia non protetta. Non attraversare. La Contea declina ogni responsabilità.”
Anche se Cappy avesse letto quel cartello, probabilmente non ci avrebbe fatto caso.
Appena scavalcato, scese con attenzione lungo la parete opposta, per poi atterrare con un tonfo sulla sabbia.
«Wow!» esclamò. «È fantastico.»
Lo spettacolo che gli si presentò davanti, effettivamente per un ragazzo della sua età, appena quindici anni, aveva dell’incredibile: l’area di spiaggia nascosta dalle rocce era innanzitutto più scura. A causa di quella parete naturale e della presenza di alcune montagne dall’altra parte, quella insenatura di circa trecento metri, appariva a colpo d’occhio tenebrosa, in quanto il poco sole che filtrava non riusciva ad illuminarla sufficientemente. Anche la sabbia sotto i piedi era più fredda, nonostante la calda giornata estiva.
Cappy girovagò per l’insenatura per un po’, senza però trovare nulla di interessante, fin quando, ad un certo punto, la sua attenzione fu colta da una piccola grotta che si ergeva proprio nella parte più a sud, quasi sulle montagne. L’entrata della grotta era pressoché invisibile, complice anche la presenza di un albero che con i suoi rami ne copriva una parte. Erbaccia e altri generi di rifiuti naturali, ne impedivano la vista se non quando ci si fosse trovati a una distanza molto ravvicinata. Incuriosito, Cappy si fece strada tra tronchi portati a riva dal mare, alghe ed erbaccia, deciso ad entrare nella grotta.
Appena giunto all’entrata, notò uno strano odore provenire dal suo interno. Era un odore acre, come di uova marce sulla porta di casa il giorno di Halloween.
Il ragazzo entrò comunque, e appena varcò la soglia, fu immerso nella più completa oscurità. Un flebile raggio di sole proveniente dall’esterno bastava solo ad illuminare per un paio di metri all’interno della grotta, dopodiché c’era solo buio pesto.
«Incredibile» sussurrò Cappy. «Sembra una grotta dei pirati...» ipotizzò eccitato.
Penetrato per alcuni metri all’interno della grotta, notò che quell’odore sentito poco prima diveniva sempre più forte. Decise allora di arrivare alla fonte per capire da cosa fosse causato. Camminò ancora un po’ e fu lì, con immensa sorpresa e disgusto, che capì cosa causasse quel nauseante odore: in fondo alla grotta, in un angolo, giacevano degli scheletri a prima vista umani, e poco più in là, dei resti, questa volta sicuramente umani. Cappy era un ragazzo coraggioso, ma la vista di quei resti gli provocò un conato di vomito
«Ma che diavolo...» farfugliò incredulo tra sé e sé. «Che cosa sarà successo qui?»
Strash!
Un rumore sordo accompagnato da un enorme spruzzo d’acqua, proveniente dal fondo della grotta, dietro una leggera curva che non permetteva vedere cosa ci fosse dietro, spaventò a morte il ragazzo, che d’istinto si fiondò subito fuori dalla grotta stessa.
Appena uscito di nuovo alla luce del giorno, ansimante, si diresse verso riva, accovacciandosi per riprendere fiato. «Devo dirlo a papà» si consolò. «Dobbiamo capire cosa è successo a quelle persone.»
Deciso ormai a raccontare tutto a suo padre, si incamminò di nuovo verso casa. Prima di scavalcare di nuovo la parete rocciosa, però, rivolse uno sguardo al mare poco distante da lui. Era completamente sudato. Spaventato a morte. Aveva bisogno di darsi una rinfrescata. Decise quindi di farsi un bagno in quel mare che, nonostante l’oscurità e la spiaggia abbandonata a sé stessa, aveva un aspetto molto invitante.
Cappy si tolse le ciabatte, la maglia e rimase solo in costume. Raggruppò tutte le sue cose sotto un sasso per non farle volare via, e immerse i piedi in acqua. Un brivido lo percorse da capo a piedi. Era emozionato per quello che aveva appena visto, e non vedeva l’ora di raccontarlo al padre. Temeva di finire nei guai per essere andato in quel posto senza il suo permesso, ma allo stesso tempo sentiva di aver vissuto un’avventura.
Continuò a camminare in acqua allontanandosi pian piano dalla riva, fino ad immergersi completamente in mare, sentendo la tensione scivolare via.
«Che meraviglia» sospirò, e immerse anche la testa sott’acqua.
Da quel momento Cappy Reddity non venne più visto.
«Jenny...» bofonchiò Frank schiudendo gli occhi , disteso sulla spiaggia. «Dov’è Cappy?»
«È andato a fare una passeggiata qualche minuto fa...» rispose la moglie. «Strano non sia ancora tornato.»
«In che direzione è andato?» si informò l’uomo, che iniziava a preoccuparsi.
«È andato di là» rispose la donna, indicando verso sud. «Verso quelle rocce.»
«Strano» disse Frank alzandosi in piedi e rivolgendo uno sguardo verso quella direzione. «Vado a dare un occhiata.» E si incamminò a passo svelto.
Dopo qualche minuto di camminata, Frank giunse ai piedi della parete naturale.
«Sicuramente ha scavalcato...» si disse. «Andiamo a vede...» si interruppe appena buttò per caso uno sguardo alla sua sinistra, e con sorpresa intravide il cartello di avviso nascosto dietro un albero.
«Maledizione» disse iniziando a scavalcare. «Spero non si sia messo nei guai.»
Giunto dall’altra parte, Frank analizzò al volo la spiaggia, non trovando traccia di suo figlio.
«Oh mio Dio.» sussurrò con la preoccupazione che aumentava. A quel punto il suo sguardo fu colto da qualcosa poggiato sulla riva, che veniva bagnato leggermente dalle onde di quel calmo mare di luglio.
Avvicinatosi, prese in mano quegli oggetti a lui così familiari, e la preoccupazione iniziò a trasformarsi in terrore. «Cappy!» iniziò ad urlare. «Cappy dove sei!»
Nessuna risposta.
L’auto-pattuglia arrivò tempestivamente sul luogo del misfatto, poco dopo essere stata chiamata dai due genitori terribilmente in ansia.
«Lo troveremo» disse lo sceriffo della zona, Bob Cassidy.» Faremo tutto il possibile. Appena avremo notizie vi chiamerò, ho dispiegato tutti i miei uomini» li tranquillizzò.
«Vi prego» implorò Jenny. «Trovate mio figlio.» concluse con le lacrime agli occhi.
Gli agenti si allontanarono, lasciando Frank e Jenny abbracciati che si disperavano per la scomparsa del figlio, mentre rientravano barcollanti in casa.
«Signore lei crede davvero...» disse un agente mingherlino allo sceriffo mentre osservava i due rientrare.
«No Dean, ovviamente no... ma è mio dovere dire quelle puttanate consolatorie.» concluse amareggiato. «Ora voi fatevi un giro qui intorno, io vado a parlare con Pistorius. Speriamo abbia visto qualcosa.» E si incamminò verso nord, dove si ergeva la casa dei due pescatori.
«Pistorus» urlò lo sceriffo, sulla soglia di quella graziosa villetta, con la barchetta adagiata sul piccolo giardino che avvolgeva la proprietà. «Sei in casa?»
«Che succede?» disse l’uomo, uscendo con una tazza di caffè in mano.
«È sparito un ragazzino stamane, l’hai saputo?» chiese, togliendosi il cappello e strizzando gli occhi per il sole.
«Sì, ho sentito. E sai cosa penso a riguardo, vi ho avvisato molte vol...»
«Ora basta Pistorius, sono stanco di sentire sempre la solita storia.» lo interruppe Cassidy. «Sai che non possiamo farci niente, fa parte della nostra comunità.»
«È solo un animale!» sbottò l’uomo, lanciando in aria la tazza che aveva in mano. «La nostra sicurezza è minacciata per colpa vostra!»
«Senti, sono venuto qui solo per sapere se avevi visto qualcosa» disse freddo lo sceriffo. «Non per stare a sentire le tue paranoie. Ti ho già detto che Sullabay non si tocca. E se vuoi continuare a ricevere i tuoi assegni mensili, farai meglio a continuare a fare il lavoro per il quale ti pago.» ordinò indicando una montagna di buste nere adagiate in un angolo del giardino. «Pensa a tuo figlio» disse Cassidy, «pensi di riuscire a mantenerlo con la paga da pescatore?»
A quel punto Pistorius si calmò, sconsolato, sedendosi sui gradini davanti casa. «Hai ragione» disse paco. «Più tardi io e Manny usciremo per vedere se troviamo qualcosa» informò. «Ah e a proposito...» continuò, «credo che la grotta non vada più bene... ci vuole un posto più grande.»
«Tu non preoccuparti di questo» disse lo sceriffo mentre si rimetteva il cappello in testa e si incamminava verso il cancelletto socchiuso. «Di quello me ne occupo io. Tu pensa a trovare il ragazzo... o quello che ne rimane, e fallo sparire. Non voglio dare di nuovo una brutta notizia a due genitori. È già la terza volta questo mese...» e se ne andò.
«Maledetto» sussurrò Manny, accovacciato dietro una finestra, che aveva sentito tutta la discussione tra il padre e lo sceriffo. «Questa storia deve finire.»
Il cameriere entrò mesto nel grande salone con il vassoio in mano. «Signore ecco il suo thè» disse rivolto ad un uomo, seduto su una grande poltrona con un libro in mano.
«Grazie Shane. Lascialo pure lì sul tavolino.» rispose educatamente.
Il cameriere ubbidì ed usci dalla grande stanza. Qualche istante dopo, la porta si riaprì.
«Cosa c’è ade...» disse il misterioso uomo, interrompendosi quando vide il suo cameriere entrare accompagnato da un altro uomo che lui conosceva bene. «Lasciaci soli, concluse.»
Lo sceriffo Cassidy si accomodò sulla poltrona di fronte all’uomo.
«Signor Barkley» esordì. «Ha sentito... ce n’è stato un altro...»
«Lo so bene Bob» disse sorseggiando con calma un po di thè. «Ma entrambi sappiamo che è così che deve andare. Ne va del bene di tutta la comunità.»
«Lo so signore» annuì lo sceriffo. «Ma Pistorius è sempre più scettico, non vorrei che gli venisse in mente di fare qualche stupidaggine» disse preoccupato.
«Di lui non dobbiamo preoccuparci, sappiamo che la cosa a cui tiene di più è suo figlio, e finché riuscirà a dargli una vita dignitosa con il denaro che gli diamo, non farà nulla di stupido» disse saggiamente. «Quello che mi preoccupa è Manny, se devo dirla tutta. È un ragazzo, e entrambi sappiamo che i ragazzi sono delle teste calde.» concluse con uno sguardo minaccioso.
«Mi dica quello che devo fare...» disse mesto lo sceriffo, abbassando lo sguardo.
Dopo qualche minuto di chiacchierata, il signor Barkley, l’uomo più ricco e potente di Pretty Beach, congedò il suo ospite, rimanendo da solo nel grande salone della sua villa. Sì avvicinò ad un quadro, un Picasso, che si ergeva proprio sopra ad un enorme camino in marmo, e lo staccò dal suo gancio, poggiandolo delicatamente per terra, rivelando una cassaforte nascosta proprio dietro il famoso dipinto.
«Nessuno mi impedirà di far fallire il mio piano» sussurrò tra sé e sé. «Tanto meno uno stupido ragazzino in piena crisi ormonale. Ho preso un impegno, e intendo mantenerlo fino alla fine» disse mentre sfilava dalla cassaforte un enorme libro con una copertina completamente nera, e senza nessun testo sopra. «Ancora cinque doni, e diventerò l’uomo più potente della Contea, per poi corrompere il consiglio e poter costruire lungo tutta la costa. Diventerò ricco... schifosamente ricco...» si disse mentre accarezzava la copertina del libro, senza aprirlo. «Ho avuto un’immensa fortuna a trovarti» continuò, iniziando a sfogliare delicatamente il libro che teneva tra le mani, «e non intendo rinunciarvi... Ah-Ah-Ah!» sghignazzò immerso nella semioscurità del salone. Dopodiché, ripose il libro al suo posto, chiuse la cassaforte nascosta e riappese il quadro. «Ancora cinque» si ripeté. «Ancora cinque.»
L’ultimo giorno di vacanza dei Reddity fu il più triste di tutti. Il figlio Cappy, di appena quindici anni, non era ancora stato ritrovato, ed era sparito ormai da quarantotto ore circa. Gli agenti locali tenevano costantemente informata la famiglia, che aveva deciso di trattenersi più a lungo, nella vana speranza che il figlio fosse ritrovato. Lo sceriffo Cassidy riusciva a mentire benissimo ai due disperati genitori, convincendoli che l’intero corpo di polizia della Contea era sulle tracce del figlio scomparso, quando in realtà non se ne stavano preoccupando affatto, in quanto sapeva benissimo che triste fine avesse fatto il ragazzo.
Poco più in la, nella casetta dei due pescatori, Manny decise che era ora di finirla con quella storia. Sapeva da un po’ di tempo che il padre veniva ricattato dallo sceriffo, e la cosa lo distruggeva. Conosceva bene suo padre, un uomo gentile e parsimonioso, che non sarebbe mai riuscito a ribellarsi a persone più potenti di lui. Per questo decise di agire da solo, senza farne parola con lui.
Quella mattina, dopo aver preparato uno zaino con un grande coltello che le aveva regalato il padre, una pistola che avevano in casa e qualche provvista, senza far rumore, si incamminò sulla spiaggia, direzione sud. Sapeva benissimo quello che doveva fare e dove doveva dirigersi. Avrebbe dovuto uccidere la causa di tutto questo, l’animale che per poter sopravvivere era costretto a nutrirsi esclusivamente di ragazzini. «Sei mio, figlio di puttana» si caricò. «Oggi è il tuo ultimo giorno su questo pianeta.» Sapeva che la bestia che doveva affrontare era molto pericolosa, ma era talmente carico ed eccitato che non sentiva neppure un filo di paura.
Dopo circa mezz’ora di cammino, Manny giunse alla parete rocciosa, che conosceva bene in quanto da piccolo l’aveva scavalcata varie volte. Aveva anche rischiato di morire quando aveva sette anni, ma fu salvato all’ultimo da suo padre, che in quell’occasione perse due dita della mano destra lottando con l’animale che infestava quella zona di oceano. Quello era un altro motivo per cui Manny aveva deciso di affrontare quella bestia da solo. Voleva vendicare il padre, ma soprattutto tutte le povere vittime di quel mostro crudele.
Scostati i rami dell’albero che nascondevano a prima vista l’entrata della grotta, Manny entrò, tappandosi bene il naso, conoscendo l’odore che c’era li dentro. Quasi una volta al mese lui e suo padre venivano qui a scaricare i resti umani che trovavano sulla riva oppure in alto mare, con lo scopo di mantenere la calma e la tranquillità che caratterizzavano Pretty Beach. «È giunta la tua ora, maledetto» sussurrò mentre avanzava nel buio. Giunto al fondo della grotta intravide la curva nascosta che il padre gli aveva raccomandato moltissime volte di non varcare per nessun motivo al mondo.
Quella volta però, Manny avanzò, curvando verso destra e trovandosi in un luogo che lo lasciò senza fiato.
Quello che trovò dietro la curva fu una piccola insenatura, con una grande pozzanghera nel mezzo che comunicava direttamente con l’oceano. Era un luogo fantastico, massima espressione della bellezza della natura, se non fosse per il fatto che era anche la tana di un crudele animale senz’anima.
«Vieni fuori!» urlò subito Manny posando per terra lo zainetto. «Ti sto aspettando maledetto!» Nella mano destra impugnava il coltello, nell’altra la pistola carica pronta a far fuoco. In quel preciso istante la terra tremò, l’acqua dell’enorme pozzanghera vacillò, creando un veloce mulinello, come se qualcosa di grosso, molto grosso, stesse per emergere da un momento all’altro.
E così fu.
L’enorme testa dell’animale emerse mostrandosi completamente a Manny, che vide per la prima volta quell’essere immondo che tanta sofferenza aveva causato: a prima vista si mostrava come un normale, sebbene enorme, squalo. Il colore scuro della pelle però, un nero opaco, lo caratterizzava in maniera inconfondibile, non esistendo nulla di simile sulla terra. La dentatura irregolare, poi, insediava in chi lo guardava un profondo senso di disgusto. Era l’animale più terrorizzante con cui l’uomo avesse mai avuto a che fare.
Era lo Squalo Nero. La temibile bestia padrona di Pretty Beach, che da centinaia di anni si nutriva con corpi di giovani ragazzi, per mantenere la sua immortalità.
Fu evocata per la prima volta nel 1738, quando alcuni Conquistadores arrivarono nella zona, all’epoca deserta e fertile, per stabilirsi e creare una nuova comunità.
Un vecchio trovò per puro caso uno strano libro in fondo ad una vallata dimenticata da Dio, con una copertina completamente nera. Al suo interno erano contenute alcune frasi in latino. Dopo averle lette, qualcosa di strano accadde: un’enorme creatura apparve nel mare di fronte a lui, che gli promise ricchezza e potere infiniti se tre volte al mese, per il resto della sua vita, gli avesse procurato delle giovani prede da divorare. L’avidità dell’uomo prese il sopravvento ed accettò l'infausto accordo. Poco dopo divenne il capo del villaggio con un’immensa ricchezza che gli permise di diventare il più grande Conquistador della storia, il famoso Manolo Santano.
Manny ora era solo contro di lui, si sfilò le scarpe e si tuffò in acqua, armi in mano. Lo squalo si dimenò alzando una grande onda d’acqua che travolse il ragazzo.
«Maledetto, sei finito!» sbraitò sparando due colpi in direzione dell’animale, colpendolo di striscio. «È giunta la tua ora!»
Dall'altra parte della spiaggia, Pistorius si svegliò e notò subito che suo figlio non era in casa. D’istinto andò a controllare nel cassetto chiuso a chiave nello sgabuzzino. La sua pistola era sparita. In quel momento l’uomo realizzò esattamente dove si trovasse suo figlio.
Il signor Barkley notò appena sveglio che qualcosa non andava. Alcune delle preziose cose che possedeva in casa, erano sparite. Si fiondò in salone e scoprì con orrore che il suo Picasso era sparito nel nulla. Sapeva per certo che non potessero essere stati dei comuni ladri, in quanto la sua proprietà aveva un livello di sorveglianza pari solo a quella del Pentagono, il Centro di Difesa degli Stati Uniti d'America.
«Sta succedendo...» disse mentre si vestiva in fretta e furia. «Dovrò risolvere da solo questa faccenda.» Prese il libro dalla cassaforte e corse via.
Manny intanto stava combattendo con tutte le sue forze contro lo Squalo Nero.
Si era già ferito ad un braccio e ad una gamba, ma non mollava. Colpì l’animale con il coltello, ferendolo sul muso. In quel momento entrò nella grotta Pistorius, e dopo qualche istante anche il signor Barkley.
«È stata una tua idea?» chiese Barkley minaccioso, rivolto all’uomo di fianco a lui.
«Assolutamente no!» rispose ansimante Pistorius. Mio figlio sta rischiando la vita lì sotto!» sbraitò mentre osservava Manny combattere contro la temibile bestia.
«Manny vieni fuori di lì» urlò.
«No, devo finire quello che ho iniziato!» disse a fatica mentre sparava un altro colpo verso l'enorme squalo. Ancora un grande spruzzo d’acqua si sollevò nella pozzanghera, accecando il ragazzo.
«No!» urlò Pistorius mentre si tuffava in acqua. «Manny!»
Il signor Barkley rimasi lì, impassibile, convinto che i due sarebbero morti nel vano tentativo di uccidere la bestia. Mentre combattevano, un ghigno apparve sul suo volto. «Uccidili!» disse rivolto all’animale. «Toglili di mezzo!»
A quel punto Pistorius, con un gesto atletico per un uomo della sua età, sfilò la pistola dalla mano del figlio, si girò di scatto e sparò contro Barkley. Il colpo ferì l’uomo alla gamba destra, facendolo cadere rovinosamente a terra, e il libro che reggeva in mano cadde insieme a lui a qualche metro di distanza.
«Resisti Manny!» disse al figlio mentre usciva dalla pozzanghera completamente inzuppato. «Tienilo a bada per qualche secondo.»
«Sì papà» obbedì il figlio colpendo di nuovo l’animale, che emise un assordante gemito di dolore.
Pistorius prese il libro, con Barkley ansimante a pochi metri da lui. Aprì il volume e iniziò a leggere un passo in latino: «Chassis dolurium noctem dolor. Abducendi eclissis morenti dubbia...»
«Nooooo!» urlò Barkley provando a rialzarsi. «Non ti permetterò di vanificare tutto il mio lavoro!»
A quel punto Pistorius, mentre continuava a leggere il passo ad alta voce, sparò il colpo mortale all’uomo, colpendolo in pieno petto. Barkley si accasciò a terra ed esalò l’ultimo respiro.
«Hai fatto la fine che ti meritavi, brutto figlio di puttana.»
«...Aggiustis nomencla morente subitum nocteeeeemm!!!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
A quel punto l’animale emise un gemito di sofferenza, iniziando a sanguinare dagli occhi e dalla bocca, si agitò come un maiale colpito a morte colpendo Manny con il muso e scaraventandolo contro una parete della grotta. Un fascio di luce accecante invase quel macabro luogo per qualche istante.
Riaperti gli occhi, abbagliati da quella fortissima luce, i due notarono che l’animale era sparito. Immerso per sempre nell’oceano.
«È finita» disse Pistorius a Manny mentre lo aiutava a rialzarsi. «Andiamocene via... andiamo a vivere la nostra vita.»
«Ti voglio bene papà» disse affaticato il ragazzo aggrappato al padre.
«Ti voglio bene anch'io» disse l'uomo, mentre uscivano barcollando dalla grotta.
Il corpo esanime del signor Barkley rimase lì, dimenticato. Poco distante, il misterioso libro con la copertina nera giaceva dietro alcune alghe, nascosto, forse per sempre agli occhi di tutti.
Anni dopo la triste avventura della famiglia Reddity, un’altra famiglia di città decise di trascorrere le vacanze nella splendida località di Pretty Beach.
Il figlio maggiore, Kenny, di ventun'anni, un giorno passeggiando sulla spiaggia alla ricerca di qualche bella ragazza da approcciare, in preda alla solita crisi ormonale, intravide una vecchia grotta nascosta dietro agli alberi nell’insenatura dietro al muro di rocce.
Incuriosito, entrò e dopo aver camminato un po’, in fondo, proprio dietro ad una curva, vicino ad una pozzanghera, trovò uno strano libro, nascosto dalle alghe.
Lo prese, lo ripulì con la mano, mostrando di nuovo agli occhi di qualcuno la sua caratteristica copertina nera.
«Un libro in una grotta?» si domandò. «Chissà di cosa parla» disse mentre lo apriva, mostrando la luce di nuovo, dopo tanto tempo, a quelle pagine tanto potenti.