Fuoco e fiamme

Seattle. Una città multietnica, ricca di turisti in ogni periodo dell’anno. L’unica pecca: la crescente criminalità che non accenna ad arrestarsi.

Nel periodo estivo, ad esempio, erano sempre più frequenti gli incendi dolosi, che aggravavano la già disastrosa situazione climatica e che portava, ogni anno, alla distruzione di migliaia di ettari di verde. Una delle città più ordinate di tutto il nord America, era costretta a vivere, in quel periodo dell’anno, nel caos più totale.

Trinity Shadow, una ragazza come tante altre, frequentava il primo anno di college al Seattle Double College, una delle migliori scuole della città. Durante il giorno viveva la classica vita da ragazza ventunenne, ma quando calava la sera, Trinity diventava un’atra persona.

Tutto ebbe inizio alla tenera età di otto anni, una notte d’estate: un terribile incendio divampato in casa sua provocò la prematura scomparsa di suo padre, un dolore che Trinity non riusciva ancora oggi a sopportare. Dopo l’incidente, si trasferì con la madre e sua sorella, in un quartiere giudicato più tranquillo, anche perché la signora Shadow era intenzionata ad offrire la migliore educazione possibile alle due figlie, pur mancando la figura paterna. Trinity, però, non riuscì mai a dimenticare. Le pareva ancora di sentire il calore delle fiamme avanzare verso la sua camera, poco prima che un coraggioso pompiere le salvasse la vita. Il fuoco, le fiamme, facevano ormai parte di lei, e il dolore per la perdita del padre, non faceva che alimentarle. Erano anni che Trinity reprimeva, soffocando il dolore, a volte anche con l’aiuto di qualche droga. Ma si avvicinava, inesorabile, il momento in cui sarebbe esplosa. Le serviva un modo per calmarsi, per dimenticare tutto. Per ritornare ad essere una ragazza normale. Tutto ciò non tardò ad arrivare.

Un focoso giorno d’agosto, finito l’anno scolastico, Trinity era pronta a godersi una lunga vacanza. Non aveva molti amici, preferiva passare le giornate da sola, a pensare.

Dopo aver preso l’autobus diretto verso casa, scese su Jefferson Road per percorrere un tratto a piedi, il quale le impegnava una buona mezz’ora. Arrivata quasi a metà tragitto, la sua attenzione fu catturata da un vecchio edificio abbandonato, proprio dall’altra parte della strada. “Mamma non si arrabbierà se tardo un po’” pensò mentre attraversava, lo zaino in spalla. Giunta all’entrata dell’edificio, si meravigliò di non aver mai pensato prima di entrare in quel posto in disuso ormai da chissà quanto tempo. “Che può succedere di grave se gironzolo qui intorno?” si chiese, mentre forzava l’enorme lucchetto che bloccava la porta d’entrata. “Vediamo cosa c’è qui dentro”. Entrando in quell’edificio, Trinity, cambiò per sempre.

Dopo quasi un’ora passata a curiosare qua e là, Trinity decise di tornare a casa, non avendo trovato nulla di particolarmente interessante come sperava. Era quasi all’uscita, quando uno strano pensiero prese forma nella sua mente: “E se accendessi un piccolo fuoco? Nessuno se ne accorgerebbe, e poi sono curiosa di vedere come bruciano quelle vecchie sedie”. Si avvicinò al vecchio mobilio presente in fondo all’entrata. Ormai decisa ad appiccare un piccolo incendio, prese dei fiammiferi dal suo zaino e cominciò a dar fuoco a della carta di giornale sparsa sul pavimento, per poi lanciarla contro le sedie. Una fiammata fece arretrare la ragazza di qualche passo, per poi avanzare di nuovo a godersi lo spettacolo: in breve tempo tutte le sedie presero fuoco, alimentando sempre di più quel piccolo incendio doloso nato per puro divertimento. Un sorriso si formò sulle labbra della giovane ragazza, ed in quel preciso momento decise che quello sarebbe stato solo il primo incendio di una lunga serie. Non sapendo neanche lei il perché, quell’esperienza le aveva ridato la gioia di vivere. Gioia che non provava da molto, moltissimo tempo. Uscì dall’edificio e si diresse verso casa, fantasticando già al prossimo incendio.

I giorni seguenti furono, per Trinity Shadow, i più divertenti della sua vita. Approfittando delle vacanze estive, dedicò ogni giorno ad appiccare nuovi incendi dolosi, sempre più estesi. Un giorno fu anche fermata da un ometto pieno centro, che le propose di lavorare per una certa persona importante. Lei lo ignorò perché troppo eccitata: i suoi pensieri erano ormai rivolti unicamente al fuoco e alla gioia che provava nel vederlo propagarsi divorando inesorabile qualsiasi cosa. Aveva anche preso in considerazione che qualcuno, a causa del suo passatempo, potesse farsi male o addirittura rimetterci la vita, ma non le interessava più di tanto. Ogni sera, la graziosa Trinity Shadow, si trasformava in una piromane a sangue freddo ricercata da tutta la polizia dello stato.

Nel giro di qualche settimana Trinity diede fuoco ad un negozio di liquori, una pasticceria, un’appartamento, un’auto, una bicicletta e anche ad un ristorante cinese. I suoi incendi provocarono esattamente tre vittime e una decina di feriti che riportarono ustioni fino al terzo grado.

Tempo dopo, quando era ormai un’adulta, decise di tentare un’impresa non ancora compiuta: dare fuoco ad una piccola chiesa nella periferia della città. Si preparò adeguatamente il giorno prima, riempiendo uno zaino con alcune bottiglie molotov, molta carta di giornale e altrettanti fiammiferi ed accendini. Salutò la madre come ogni sera dichiarandogli che usciva con gli amici, dirigendosi invece verso il luogo del prossimo misfatto. Trinity era felice, e non avrebbe smesso per nulla al mondo.

Appiccato l’ennesimo incendio, si sedette poco distante su una panchina a godersi la sua opera. Dopo alcuni minuti passati ad osservare le immense fiammate che si propagavano inesorabili lungo tutta la navata, udì delle sirene in lontananza. Un numero considerevole di volanti di polizia erano giunte sul luogo, intente a catturare il piromane. Trinity, per precauzione, decise di nascondersi li vicino.

Dopo aver fatto pochi passi, però, si trovò di fronte, nella semi oscurità, due uomini robusti con vestiti eleganti. «Signorina Shadow» disse cupo uno dei due. «Ora deve venire con noi». Trinity fu sorpresa di sentir pronunciare il suo nome. «Come fate a sapere chi sono?» chiese nervosa. «Sappiamo tutto di lei, e siamo qui per aiutarla» rispose l’altro. «La polizia è sulle sue tracce. Ha ricevuto una telefonata anonima, e tra non molto la troverà. Farà meglio a venire con noi se vuole salvarsi la pelle». «Ma voi come sapete… io non ho fatto nulla» tentò di negare lei. A quel punto il tizio più alto dei due, con uno scatto, si avvicinò alla ragazza e la colpì violentemente alla nuca, facendola svenire sul colpo. «Così starà buona per un po’» disse caricandosela sulle spalle. «Hai fatto bene» disse l’altro uomo, voltandosi ed incamminandosi verso la strada vicina. «Il professore non ci avrebbe perdonato un fallimento. Questa ragazza è molto importante». «Sì» confermò. «Spero solo che Trinity capisca che senza di noi sarebbe stata spacciata». «Ormai la nostra missione è compiuta» sentenziò, mentre entrambi montavano su un’auto scura, la ragazza svenuta con loro. «Possiamo andare» concluse chiudendo la portiera.

L’auto scura, una Cadillac del sessantotto scura, partì dirigendosi fuori città.